Composizione Negoziata e qualificazione del credito da parte della Banca: il dibattito sugli effetti dell’accesso all’Istituto
di Avv. Anna Caffini

Lo strumento della Composizione Negoziata rappresenta una delle principali novità introdotte dal Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.

Secondo il report di Unioncamere, pubblicato il 16 novembre 2022, ad esattamente un anno dall’attivazione della piattaforma nazionale tramite la quale è possibile presentare le istanze per la composizione negoziata, le domande formalmente presentate alla data del 15 novembre 2022 ammontano complessivamente a 475, circa il 118% delle imprese in più rispetto alla precedente versione dell’Osservatorio nazionale sulla composizione negoziata, sempre realizzato da Unioncamere.

Le aziende  che nell’ultimo anno hanno fatto ricorso allo strumento, secondo i dati statistici raccolti, sono maggiormente concentrate tra Milano, Roma e l’Emilia-Romagna. Trattasi in prevalenza di società a responsabilità limitata con meno di 10 dipendenti[1].

Tanto premesso, alla luce del quadro normativo in essere, il tema della qualificazione del credito dopo che l’imprenditore abbia fatto accesso alla composizione negoziata ha oggi acquisito particolare rilevanza.

Segnatamente, è dibattuta la questione se la semplice circostanza dell’accesso alla composizione negoziata giustifichi il recesso della banca dal rapporto ai sensi dell’art. 16, c. 5, CCII, che prevede che “In ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta”.

A tale fine si richiama l’art.178 del Reg. UE 575/2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e per le imprese di investimento, che prescrive che si considera avvenuto un default in relazione ad un determinato debitore qualora si manifestino entrambi i gli eventi che seguono, oppure uno solo di essi: 

“a) l’ente giudica improbabile che, senza il ricorso ad azioni quale l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie verso l’ente stesso, la sua impresa madre o una delle sue filiazioni;

b) il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni su una obbligazione creditizia rilevante verso l’ente, la sua impresa madre o una delle sue filiazioni. Le autorità competenti possono sostituire il periodo di 90 giorni con uno di 180 giorni per le esposizioni garantite da immobili residenziali o da immobili non residenziali di PMI nella classe delle esposizioni al dettaglio, nonché per le esposizioni verso organismi del settore pubblico.” 

Inoltre, l’art. 178 Reg. UE 575/2013 prevede che tra gli elementi da considerare come indicativi dell’improbabile adempimento vi sono le seguenti circostanze:

a) l’inclusione del debito da parte dell’ente tra le sofferenze o gli incagli; 

b) l’ente rettifica il valore del credito in relazione ad un significativo scadimento del merito del credito; 

c) l’ente cede il credito subendo una perdita economica; 

d) l’ente acconsente ad una ristrutturazione onerosa del debito, ivi compreso un differimento dei termini di pagamento; 

e) l’ente ha presentato istanza di fallimento nei confronti del debitore o ha avviato un’iniziativa analoga, anche per quanto concerne l’impresa madre o una delle sue affiliazioni; 

f) il debitore ha chiesto o è stato posto in fallimento o situazione analoga, ove ciò impedisca o ritardi il rimborso dell’obbligazione.

Si precisa che dalla classificazione di un credito come default discende che questo possa essere qualificato – sulla base della vecchia indicazione di Banca d’Italia, di cui alla Circolare 272/2008 in tema di vigilanza prudenziale, non aggiornata – come 1) sofferenza, 2) UTP, 3) esposizione deteriorata.

Notoriamente, la classificazione ad UTP implica un giudizio della banca circa l’improbabilità che il debitore adempia regolarmente, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie. 

L’orientamento prevalente degli operatori bancari è che l’accesso alla composizione negoziata comporti la qualificazione del credito ad UTP. 

Ci si domanda dunque se questa classificazione sia effettivamente in linea con le previsioni di legge attualmente in vigore o se trattasi invece un eccesso di prudenza o possa essere interpretata anche come una reazione difensiva, non sempre giustificata, nei confronti di uno strumento, quale la composizione negoziata, che in realtà pone precisi obblighi ai creditori, ed in particolare alle banche, nella fase delle trattative e fa scattare il divieto delle clausole ipso facto e della revoca dei fidi, salvo vicende connesse alla vigilanza prudenziale o all’andamento del conto.

Di conseguenza, va verificato se sia ragionevole sostenere, ai sensi dell’art. 178, par. 3 Reg. UE 575/2013 che la composizione negoziata possa essere in qualche modo assimilata al fallimento, cioè ad una procedura concorsuale liquidatoria, posto che questa l’assimilazione non va presa in considerazione secondo una prospettiva strutturale della disciplina, ma piuttosto con riguardo agli elementi tipicamente concorsuali individuati nelle Linee Guida dell’EBA.

Orbene, Linee Guida EBA riportano effettivamente le fattispecie che devono aiutare l’intermediario finanziario nell’individuazione delle procedure e delle misure assimilabili ad una procedura concorsuale:

a) il sistema di tutela comprende tutti i creditori o tutti i creditori con crediti non garantiti; 

(b) i termini e le condizioni del sistema di tutela sono approvate dal giudice o da altra autorità competente; 

(c) i termini e le condizioni del sistema di tutela comprendono una sospensione temporanea dei pagamenti o l’estinzione parziale del debito; 

(d) le misure comportano una qualche forma di controllo sulla gestione della società e delle sue attività; 

(e) nel caso in cui il sistema di tutela fallisca, l’impresa sarebbe a rischio di liquidazione[2].

Le Linee Guida richiedono anche che intermediari soggetti a vigilanza precisino anzitutto nelle loro politiche interne quali tipologie di accordo o composizione debbano essere trattate come un provvedimento o una tutela analoga al fallimento.

In breve, pare, che l’iniziativa assunta dal debitore debba comunque incidere sulle condizioni di rimborso del credito della banca, circostanza che non deriva automaticamente dall’accesso alla composizione negoziata. 

Infatti, la composizione negoziata non è un sistema di tutela, ma una trattativa diretta da un esperto.

In particolare, non vi è alcuna approvazione di un sistema di tutela che dipenda dal giudice.

Si precisa che nell’ambito della composizione negoziata le autorizzazioni del giudice sono previste esclusivamente per il riconoscimento della prededuzione e per la vendita dell’azienda con limitazione della responsabilità dell’acquirente.

Per tutto il resto il debitore è considerato in bonis.

Inoltre, l’esperto non esercita poteri di controllo sulla gestione, dovendo semplicemente essere informato del suo andamento, senza però poter emanare direttive vincolanti.

Tali caratteristiche proprie dell’Istituto non consentono di assimilare meccanicamente la composizione negoziata ad altri procedimenti. 

Riveste poi significativa rilevanza la scelta dell’imprenditore di richiedere la sospensione delle azioni esecutive con l’applicazione delle misure protettive, in quanto il regime di sospensione può impattare sulla possibile recovery del credito, fermo restando che, tuttavia, all’imprenditore non è impedito – differentemente da quanto accade nelle procedure concorsuali di ristrutturazione – di effettuare pagamenti.

È altresì necessario verificare se l’imprenditore si trova in stato di crisi, ex art. 2, lett. a) CCII, cioè se versa in una situazione di probabilità di insolvenza, se non si adottano le opportune misure, o se è già insolvente. 

Si sottolinea che il presupposto della composizione negoziata, secondo l’art. 12 CCII, è la probabilità della crisi, ovvero la probabilità d’insolvenza, che, secondo l’unanimità degli interpreti e la stessa Relazione governativa al D.L. n. 118/2021, rende rilevante anche una situazione di mera difficoltà, che ancora non è idonea ad integrare gli estremi della crisi vera e propria.

In questo senso, vi sono orientamenti dottrinali in base ai quali, se l’accesso alla composizione negoziata è avviato al verificarsi delle circostanze previste dalla legge, e quindi alle prime avvisaglie della crisi, senza accesso alle misure protettive, non pare che la classificazione della posizione a default da parte della banca possa ritenersi giustificata, essendo le condizioni dell’impresa diverse da quelle in cui tipicamente versa in sede di attivazione delle procedure concorsuali.

Il secondo tema che emerge è, sempre con riferimento alle Linee Guida EBA, se l’accesso alla composizione negoziata porti necessariamente la banca a prevedere una ristrutturazione onerosa del debito (quindi con una perdita superiore all’1%).

In questo caso, la risposta dipende piano che l’imprenditore propone.

Se la ristrutturazione prevista o ipotizzata interviene in una fase iniziale della crisi è possibile che il credito della banca non venga in alcun modo inciso dal piano e si può ipotizzare che proprio la prosecuzione delle linee di credito in essere e il fisiologico ripristino della disponibilità sugli affidamenti siano una premessa fondamentale del piano di ristrutturazione, volto a preservare la continuità aziendale.

Diversamente, la banca potrà trarre altre conclusioni qualora il piano preveda la rinegoziazione del credito.

Traendo un bilancio dal dibattito in essere, si può affermare che le preoccupazioni delle banche non sempre sono fondate, sebbene sia effettivamente ragionevole l’adozione di un atteggiamento prudente, qualora l’imprenditore decida di accedere alla composizione negoziata in condizioni di insolvenza o comunque prevedendo di accedere alle misure protettive, come avviene oggi nel 70% dei casi, secondo i dati riportati da Unioncamere.


[1] Cfr. https://www.unioncamere.gov.it/comunicazione/primo-piano/crisi-dimpresa-un-anno-di-composizione-negoziata-presentato-il-rapporto-unioncamere.

[2] Per ulteriori approfondimenti: Diritto Della Crisi, Dott. Luciano Panzani, già Presidente della Corte d’Appello di Roma, https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/i-contratti-pendenti-nella-composizione-negoziata-con-speciale-riferimento-ai-rapporti-di-credito-bancario#[18]1

Pubblicato il

06 / 02 / 2023

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