L’Intelligenza Artificiale applicata alle NPE
di Avv. Marta Pozzoni

L’odierno panorama finanziario italiano ed europeo è ampliamente caratterizzato dalla presenza di sofferenze e crediti incagliati.

Le NPE (Non Performing Exposures) costituiscono una macrocategoria di crediti deteriorati, che si suddividono in tre sottoclassi. Le tre vigenti sottoclassi sono costituite dalle “sofferenze” (NPL), cioè esposizioni verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili, dalle “inadempienze probabili” (UTP), cioè esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze) per le quali la banca valuta improbabile, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni contrattuali e infine dalle “esposizioni scadute e/o sconfinanti” (Past Due) – esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili) – che sono scadute o eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza.

Ne deriva come la gestione del credito e dei rischi ad esso connessi, sia per le società in bonis che per quelle interessate da procedure concorsuali, come anche per gli istituti bancari erogatori di credito, sia oggi un ambito di fondamentale importanza.

Nella gestione e del recupero del credito risulta sempre più indispensabile un’analisi accurata delle informazioni, analisi che si fonda sull’integrazione di numerosi processi complessi e una miriade di dati non sempre facili da raccogliere, incrociare e valutare.

I volumi di dati da analizzare continuano e continueranno a crescere in modo esponenziale, anche grazie al moltiplicarsi delle fonti e dei touch point che permettono di raccogliere gli input necessari a delineare i fattori di rischio del business.

Se da un lato ciò si traduce in una maggiore accuratezza dell’analisi del rischio, dall’altra comporta un aumento della complessità dell’ecosistema dei dati da gestire e monitorare.

Risulta, quindi, indispensabile implementare sistemi di lettura, raccolta e analisi dei dati e l’Intelligenza Artificiale è lo strumento che può far fronte a tali necessità.

Trattasi di un importantissimo strumento al servizio della gestione del credito e dei rischi ad esso connessi che, accostandosi all’intelligenza umana, è in grado di aiutare, in primis, le imprese, più o meno solide, in secundis, gli istituti di credito, a sviluppare processi che garantiscano un’efficiente tutela della liquidità aziendale nonché, in casi estremi, una politica strutturata e proficua di recupero del credito.

In tale ambito, i processi di raccolta, scrematura e inserimento dei dati richiedono tempi estremamente lunghi e sono fisiologicamente soggetti a errori umani.

Tempi ed errori risultano sempre più inadeguati alle esigenze di un business che deve potersi muovere con agilità tra opportunità di mercato e situazioni potenzialmente dannose, per altro rimanendo sempre e comunque in linea con la compliance normativa, specie in settori caratterizzati da stringente regolamentazione.

Divengono quindi indispensabili piattaforme di business information, software e gestionali utili sia nell’ambito del data entry che dell’analisi del rischio.

L’Intelligenza Artificiale non potrà, tuttavia, mai sostituire in toto quella umana, ma è, in ogni caso, uno strumento potenziato fondamentale sia nei processi di archiviazione che in quelli di gestione e decisionali, ove deve comunque essere sempre mantenuta una stringente supervisione dell’uomo.

Di fondamentale importanza è, in primo luogo, consentire all’Intelligenza Artificiale di operare partendo da dati di qualità. Con ciò si intende predisporre database validi, completi e aggiornati, tali da consentire agli algoritmi della macchina di lavorare correttamente per captare i segnali deboli e trovare le correlazioni nascoste tra i dati.

In secondo luogo, entra poi in gioco il c.d. Machine Learning[1] che permette di insegnare alla macchina ad analizzare i dati ed estrarre da essi non solo una serie di dati oggettivi, cronologicamente e quantitativamente affidabili, ma anche di elaborare dati statistici e previsionali, migliorando gli algoritmi predittivi nel corso del tempo.

In sintesi, l’Intelligenza Artificiale può e deve dare un supporto nella gestione del rischio fornendo tutta una serie di dati rilevanti e aggiornati in tempo reale nonché individuando segnali deboli che sono la prima avvisaglia di un necessario intervento, ma, in quest’ambito, è sempre e comunque indispensabile l’intervento umano, sia come fonte che fornisce i dati da analizzare sia come deus ex machina che opera sull’Intelligenza Artificiale per dare alla stessa le istruzioni e gli input utili all’esame dei dati.

In particolare, la Machine Learning ha preso spazio nella gestione e regolamentazione in materia di rischio di credito mediante l’analisi di tre componenti chiave:

– la Probability of Default (PD), ossia la probabilità che una controparte passi allo stato di default nell’orizzonte temporale di un anno;

– la Loss Given Default (LGD), ossia il valore atteso del rapporto tra la perdita in caso di default e l’importo dell’esposizione debitoria al momento del default (EAD),

– l’Exposure at Default (EAD), ossia l’importo dell’esposizione che un istituto di credito si troverà ad avere nei confronti di un determinato cliente nel momento in cui si verificherà il default dello stesso.

Negli ultimi anni sono state molte le tecniche di Machine Learning pensate per la stima di tali variabili.

Proprio l’intelligenza umana resta, tuttavia, il discrimen indispensabile che deve operare in questo settore per regolamentare, sempre di più ed al meglio, un’area, ancora molto ampia, costituita da innumerevoli zone grigie.

È noto infatti che i più sofisticati modelli di Machine Learning che operano in ambiente non supervisionato risultano di difficile interpretazione circa il modus operandi con cui riescono a simulare determinati risultati rendendo di fatto i modelli stessi delle black box; in dottrina si parla, infatti, di “non esplicabilità” e “opacità” del dato.

Seppure, infatti, le conclusioni a cui giunge l’Intelligenza Artificiale siano oggettive, deve rammentarsi come l’opacità che può caratterizzare questo sistema sarà minore qualora la mappatura della decisione della macchina sia documentata in tutte le fasi di scelta da parte dell’intelligenza umana.

Infine, si pensi a settori come quello della privacy e della responsabilità, ambiti nei quali l’Intelligenza Artificiale non è, allo stato, ancora in grado di intervenire in via autonoma, ma che devono essere trattati con la massima attenzione e sensibilità e nei quali, pertanto, il contributo della macchina potrà essere, per lo più, utile all’archiviazione del dato, mentre a primeggiare deve comunque essere la sensibilità e l’intelligenza del professionista.


[1] Il c.d. Machine Learning consistente nell’applicazione di metodi di apprendimento automatico capaci di sfruttare algoritmi sofisticati, detti algoritmo “addestratore” e “addestrato”, i quali vengono posti in differenti relazioni tra loro generando tre diverse modalità di apprendimento:

i) apprendimento supervisionato, in cui al sistema viene sottoposto un insieme di esempi corretti (c.d. training set) a partire dai quali classificare adeguatamente i casi nuovi; ii) apprendimento “per rinforzo”, in cui viene “insegnato” al sistema come identificare successi e fallimenti a partire da proprie o altrui azioni in base all’incidenza di queste ultime sul raggiungimento dell’utilità perseguita; iii) apprendimento non supervisionato, caratterizzato dall’assenza di indicazioni esterne. Indipendentemente dalla tipologia, la tecnica di apprendimento maggiormente utilizzata è il c.d. deep learning, consistente nell’attivazione di complessi sistemi di nodi, reciprocamente connessi, sino a formare le c.d. reti neurali, impostate e modificate attraverso l’impiego di speciali algoritmi con l’obiettivo di rendere possibile l’anticipazione di eventi e correlazioni future.

Pubblicato il

05 / 12 / 2022

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