La continuità aziendale: nota integrativa e moratoria delle perdite d’esercizio
di Dott. Raffaele De Luca

La continuità aziendale rappresenta la capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un arco temporale futuro prevedibile, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.

Per i bilanci in corso al 31 dicembre 2021, per i quali molte aziende ancora non hanno provveduto al deposito del prospetto in CCIAA, la verifica della continuità deve avvenire secondo quanto previsto dall’art. 2423-bis c.c. e in base alle prescrizioni dei paragrafi 21 e 24 dell’OIC11.

Il momento della preparazione del bilancio d’esercizio rappresenta dunque la fase i cui la direzione, i sindaci e i revisori, ove presenti, devono rilevare possibili indizi di crisi.  

In relazione all’arco temporale di riferimento – prospettico – vi è continuità aziendale quando, in base al contenuto dell’OIC 11, l’azienda è in grado di generare redditi prospettici per almeno 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio d’esercizio. La verifica della prospettiva di funzionamento può essere effettuata attraverso previsioni di budget mensili o di durata maggiore, analizzando contestualmente anche l’andamento storico e i parametri dell’azienda oggetto di osservazione.

Il documento principale all’interno del quale occorre riferire gli esiti di tali controlli è la nota integrativa.

Tale informativa può essere integrata riportando in sintesi i piani futuri che permettono di superare eventuali segnali di incertezza. Questi piani non hanno una caratteristica o una tipologia definita ma rappresentano uno strumento indispensabile per poter sostenere e giustificare la continuità aziendale.

È evidente che le situazioni di incertezza sono difficilmente individuabili in relazione al livello di significatività, ma sicuramente quelle più rilevanti sono relative alla mancanza di ragionevoli alternative alla cessazione dell’attività e che impongono, come nel caso di uno scenario liquidatorio, l’abbandono dell’approccio di funzionamento a vantaggio dell’approccio liquidatorio, come nel caso estremo dell’avvio di una procedura liquidatoria.

Ma quali sono le poste contabili da valutare ai fini della continuità aziendale?

Sicuramente, un aspetto fondamentale lo riveste la valutazione delle immobilizzazioni in relazione al loro valore residuo iscritto in bilancio e in stretta correlazione al potenziale valore recuperabile da una loro collocazione sul mercato.

Analizzare il valore di un asset è in stretta correlazione al mutamento del contesto tecnologico e di mercato, con particolare riferimento anche alla variazione dei tassi di rendimento degli investimenti. Si pensi ad esempio alla stima del valore delle garanzie immobiliari.

In tal caso occorrerebbe effettuare delle valutazioni congrue sulla base di alcune importanti variabili di setto, quali il canone di mercato, il controvalore nell’ambito di un’operazione di investimento o un valore c.d. fair value.

Le valutazioni delle poste di bilancio, nel loro complesso implicano pertanto un’attenta analisi degli scenari economici e normativi di riferimento.

Uno scenario normativo di particolare attenzione è quello relativo alla moratoria delle perdite d’esercizio, introdotta dal DL 228/2021. Con tale intervento è stata concessa la possibilità all’assemblea di soci di sospendere, per 5 anni, gli obblighi di intervento, nei casi in cui le perdite riducano il capitale sociale di oltre un terzo.

È evidente e costante la casistica in cui i bilanci, che manifestano perdite d’esercizio (per le annualità 2020 e 2021), prevedano nella nota integrativa il differimento della copertura di tali perdite, in quanto il legislatore ha inquadrato la fattispecie con l’intervento normativo di cui sopra.

 È altrettanto evidente, tuttavia, come per il lettore di bilancio tale aspetto crei delle difficoltà interpretative sulla corretta rappresentazione del patrimonio netto.

In tali casi è opportuno analizzare, anche nell’ambito dell’analisi di un credito classificato come UTP, l’entità delle perdite e l’effettivo impatto che hanno avuto sul patrimonio netto dell’azienda.

La sterilizzazione delle perdite d’esercizio posticipa, per gli amministratori e i soci, gli adempimenti previsti dal Codice Civile fino all’approvazione dei bilanci 2025 e 2026, non operando tuttavia sul cumulo delle perdite conseguite nei 5 anni successivi al manifestarsi della perdita.

Infatti, nel caso in cui l’azienda continui a generare perdite che riducano il capitale sociale di oltre 1/3, indipendentemente dalle perdite 2020 e 2021, occorre inderogabilmente far riferimento alla normativa ordinaria prevista dal Codice Civile.

La problematica si configura con particolare riguardo in relazione alla predisposizione dei bilanci in chiusura al 31 dicembre 2022, dai quali ripartirà l’adozione del sistema normativo ordinario previsto per la copertura delle perdite d’esercizio. In ogni caso, il manifestarsi continuo di perdite impattanti sul capitale sociale e sulla liquidità dell’azienda impongono scelte di management finalizzate alla ricapitalizzazione da parte dei soci e ad una strategia volta a mantenere i rapporti con i finanziatori, in particolare con gli istituti di credito, soprattutto nella fase di ristrutturazione del debito.

In tale contesto di ristrutturazione, le imprese dovrebbero opportunamente prevedere nella predisposizione del bilancio d’esercizio in chiusura al prossimo 31 dicembre 2022, se non già fatto nei bilanci 2020 e 2021, la modalità, il piano e il potenziale scenario di business, attraverso il quale ripianare le perdite d’esercizio rinviate agli esercizi futuri e dare evidenza, nel caso di pianificazione in corso, che siano stati eseguiti i controlli necessari, in relazione anche agli adeguati assetti organizzativi, per rilevare tempestivamente segnali di perdita della continuità aziendale.

Pubblicato il

21 / 11 / 2022

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