Il concordato preventivo e la continuità aziendale: novità e prospettive applicative
di Avv. Anna Caffini

N. 15/2022

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, come noto, ha modificato e rinnovato radicalmente la materia, impattando su tutti gli Istituti di rilievo.

Il Concordato preventivo conserva la sua centralità nel panorama concorsuale, nella sua qualità di mezzo più collaudato tra gli strumenti di ristrutturazione delle realtà produttive.

Da un punto di vista prettamente teleologico, l’inizio dell’Art. 84 CCII (“Finalità del Concordato Preventivo) è chiaro: il Concordato mantiene l’obiettivo di sempre, cioè il soddisfacimento dei creditori.

Passando alle innovazioni del nuovo concordato, il tratto caratteristico e pervasivo dell’Istituto consiste nella rivisitazione del rapporto fra continuità aziendale e salvaguardia dei diritti dei creditori. Tale rapporto, sino ad oggi era subordinato e recessivo, mentre ora diviene, quantomeno tendenzialmente, paritetico.

Pertanto, la novità è che oggi la continuità si limita a tutelare l’interesse dei creditori, questo significa che non arretra rispetto a quest’ultimo, ma tende almeno in linea di principio ad essere sul suo stesso piano.

L’interesse dei creditori, al cui conseguimento originariamente tendeva il fine ultimo concordatario del ripristino dell’equilibrio economico-finanziario dell’impresa, non è più la priorità assoluta.

Questo testimonia come la difesa del going concern attraverso il recupero della viability sia un valore biunivoco rispetto alla tutela del credito: rispetto ad esso gravita difatti una somma rilevante di posizioni investite dal dissesto dell’impresa, tra cui peraltro quelle dell’imprenditore e dei soci.

Dunque, il concordato in continuità, oggi ha funzione di assicurare sia la sostenibilità economica dell’impresa, sia di attribuire a ogni creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello ritraibile nell’evenienza liquidatoria. 

Osserviamo inoltre che la clausola del miglior soddisfacimento dei creditori smette di rappresentare un principio che limita l’accesso al concordato in continuità e cede il passo al meno intransigente criterio dell’assenza di pregiudizio.

 In passato, l’art. 186bis, c.2 L.F.  commissionava al professionista attestatore una prognosi di funzionalità della prosecuzione dell’impresa alla maggior soddisfazione possibile per i creditori e dunque, sostanzialmente, la stima ragionata di un risultato per loro ottimale.

Oggi invece l’art. 87 CCII abbassa la soglia, essendo sufficiente l’attestazione di un risultato equivalente a quello raggiungibile sullo sfondo della liquidazione giudiziale.

I principali commenti degli esperti di settore danno anzitutto enfasi al fatto che la riscrittura del concordato preventivo è frutto di un notevole sforzo definitorio di nozioni prima inedite o comunque non chiare.

Un’altra novità è infatti che ora è presente una distinzione precisa fra continuità diretta e indiretta e vengono enucleate doviziosamente le caratteristiche strutturali minime e imprescindibili di quest’ultima.

Emerge quindi una chiarezza concettuale che in precedenza era assente. Si tratta di una positiva innovazione che ha il pregio di essere idonea a disinnescare l’usuale fenomeno dell’accumulo di molteplici interpretazioni, rendendo così meno imprevedibili le evoluzioni del diritto vivente, tutto a vantaggio di una maggiore certezza nell’applicazione della Legge.

La rilevanza pratica della chiarezza fatta dal Legislatore, è evidente: l’istituto concordatario è stato, statisticamente, il più utilizzato fra gli strumenti di regolazione della crisi e c’è da aspettarsi che esso rimanga, anche nell’ordinamento riformato, il mezzo prediletto dagli operatori.

Sul piano operativo, gli incentivi non mancano e sono stati affinati e rafforzati.

Il tutto con una generale concessione all’imprenditore, su svariati fronti, di una maggiore libertà d’azione.

Eliminata poi la “bussola” del miglior soddisfacimento dei creditori, che orientava l’Istituto nella sua declinazione precedente alla riforma, la sola precauzione che si impone è quella di porre i titolari delle pretese al riparo dal maggior danno. Questo significa che il concordato non può essere rispetto alla liquidazione giudiziale un rimedio peggiore del male, ma da esso non ci si deve aspettare nulla di più e nulla di meglio rispetto al fallimento.

Altra novità da tenere sotto osservazione riguarda la relative priority rule, checonsentirà di cogliere parecchie opportunità relativamente alla delicata questione del trattamento dei crediti prelatizi, in deroga alle asprezze della regola di cui all’art. 2741 c.c. che sconterà minori rigidità applicative.

Sarà interessante osservare che ripercussioni avrà tale novità sul ceto bancario e su come si muoveranno di conseguenza i principali player di settore nella tutela dei loro interessi.

Il D.Lgs. n. 83 del 2022 ha, inoltre, allineato l’ordinamento interno e quello dell’Unione Europea, sia per quanto attiene il riassetto dell’area di intervento del Giudice, sia relativamente al bilanciamento fra i valori della tutela del credito e quelli connessi alla salvaguardia della continuità. 

Sotto il primo aspetto, il Giudice non è più messo nelle condizioni di azzardare troppe prognosi sull’effettiva realizzabilità economico-finanziaria dei piani concordatari, perdendo così la caratteristica di essere una variabile insidiosa, che si somma a quella rappresentata dal responso dei creditori che devono esprimere il proprio voto

Il Giudice ha ora una posizione di vigilanza non pervasiva dei processi di ristrutturazione, tutto questo sulla base della premessa logica che la crisi del debitore debba comportare principalmente il coinvolgimento dei creditori nelle decisioni sulla sorte del patrimonio dell’impresa e che la regolazione della crisi sia questione da decidersi fra il primo e i secondi nella pienezza della trasparenza e del contraddittorio, dovendosi conservare in capo al Tribunale il ruolo diarbitro dei conflitti e di controllore della legalità, seppure in una appropriata dimensione anche sostanziale.

Vediamo quindi che il Concordato assimila ormai una nuova visione composita e bilanciata della concorsualità, la cui disciplina, da un lato regola i diritti dei creditori, dall’altro presidia altri interessi tendenzialmente equiparati e comunque non trascurabili, che acquistano nuova dignità grazie alla difesa della continuità aziendale e al fine ultimo del risanamento dell’impresa[1].

Il bilancio che si può trarre dalla disamina delle novità che interessano l’Istituto è nel senso di una crescente rilevanza, per quanto attiene le operazioni di credit recovery, che dovrà acquisire l’attività gestione del credito mirata a valorizzare le attività di recupero orientate alla ristrutturazione e alla riqualificazione del tessuto economico italiano, in luogo del precedente approccio, sicuramente influenzato dalle caratteristiche strutturali della precedente Legge Fallimentare, più aggressivo e orientato ad una dimensione meramente satisfattoria del creditore. In questo senso, sarà interessante osservare le influenze della nuova normativa sul mercato dei crediti UTP in rapporto ai crediti NPL.

Avv. Anna Caffini

(riproduzione riservata)


[1] Per ulteriori approfondimenti sul tema: Salvo Leuzzi, Magistrato addetto al Massimario della Suprema Corte di Cassazione, “Il volto nuovo del concordato preventivo in continuità aziendale”, https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/il-volto-nuovo-del-concordato-preventivo-in-continuita-aziendale

Pubblicato il

03 / 10 / 2022

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