Il mercato degli UTP in Italia: l’impatto del calendar provisioning e il ruolo degli strumenti giuridici finalizzati alla risoluzione negoziale della crisi d’impresa
di Avv. Anna Caffini

I crediti incagliati delle prime otto banche italiane hanno ormai ampiamente superato quelli in sofferenza. In particolare, come riportato da Il Sole24Ore[1] ad agosto 2021, gli UTP nel mese di giugno 2021 ammontavano a 34,28 miliardi di euro, mentre gli NPL scendevano a 23,47 miliardi di euro.

Come emerge dal report dedicato al mercato italiano degli NPL pubblicato nel mese di dicembre 2021 da PwC[2], la pandemia ha enfatizzato il ruolo della gestione dei crediti UTP, rendendola un’attività chiave nel mercato italiano, destinata ad acquisire crescente rilevanza nel breve termine.

Si registra la presenza di transazioni sempre più significative – destinate ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni – soprattutto se rapportate alle prime cessioni di portafogli di crediti appartenenti alla categoria, assieme ad un generale aumento del numero di servicer attivi nel settore.

È stata stimata la presenza sul mercato italiano di circa 130.000 imprese a rischio di classificazione UTP. Si tratta prevalentemente di PMI appartenenti ai settori più penalizzati dalla crisi economica scatenata dalla pandemia.

Si prevede che i prossimi flussi NPE saranno costituiti da prestiti ancora “vivi”, i quali richiederanno una gestione ad hoc, caratterizzata da maggiore complessità, che andrà perfezionata affinché le banche riescano a reagire ai cambiamenti a cui sta andando incontro il mercato NPE; ciò tenuto conto del fatto che negli anni passati l’attività di gestione dei crediti di tipo NPL si è molto sviluppata, mentre per quanto riguarda il segmento UTP ci si trovava fino a poco tempo fa ancora in uno stadio start-up.

Inoltre, i cambiamenti intervenuti negli ultimi anni a livello regolatorio e le caratteristiche dei flussi NPE previsti nel prossimo futuro, non consentiranno alle banche di adottare politiche analoghe a quelle viste durante le precedenti crisi economiche, consistenti nell’adozione della consolidata strategia di accumulare per anni NPL nei bilanci e poi cederli attraverso operazioni assistite dalla Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze del MEF (GACS).

La possibilità di ricorrere al meccanismo di garanzia pubblica sulle passività emesse nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione – a fronte della cessione da parte delle banche dei crediti in sofferenza ad una società Special Purpose Vehicle (SPV) – pur essendo stata prorogata fino 14 giugno 2022, rimane fruibile soltanto relativamente ad operazioni su portafogli NPL, ma non è accessibile, seppur auspicato da tutti gli operatori, per le operazioni su portafogli UTP. 

Le banche, quindi, non trovandosi nella condizione ottimale per adottare strategie di tipo disposal per i crediti appartenenti al segmento UTP, dovranno evolvere le loro strategie in una direzione di tipo workout, prediligendo le attività di gestione proattiva sia dei crediti più a rischio, sia dei crediti a rischio più contenuto.

A questa circostanza si affiancano, nel mercato NPE, gli obblighi di calendar provisioning di derivazione europea, finalizzati a migliorare la qualità degli attivi delle banche attraverso una riduzione delle Non Performing Exposures, realizzata adottando un piano graduale di accantonamento prudenziale[3].

Il calendar provisioning ha avuto un impatto estremamente incisivo sulle attività di settore, obbligando le banche a rivedere le proprie strategie e modalità di gestione degli NPE a fronte degli accantonamenti predefiniti sui nuovi flussi, i quali inevitabilmente comportano un appesantimento delle passività ed un aumento degli oneri a conto economico[4].

Le banche, per fare fronte ai nuovi costi da sostenere per allinearsi alle disposizioni della BCE, dovranno accelerare le proprie attività di recupero, in modo da ridurre il livello degli accantonamenti e, contemporaneamente, incrementare il numero complessivo delle operazioni di cessione, con definitivo superamento dell’approccio attendista wait and see, a favore di un approccio proattivo.

Potenziali criticità potrebbero emergere in ipotesi in cui le ristrutturazioni dei debiti coinvolgano diverse banche creditrici che applichino in maniera non identica il calendar provisioning, inducendo così i creditori più penalizzati a non aderire agli accordi.

A ciò si aggiunga la natura intrinsecamente variabile delle valutazioni in termini di rischio dei crediti UTP, visto anche l’International Financial Reporting Standard 9 (IFRS 9), che ha introdotto un nuovo modello di calcolo delle rettifiche di valore sui crediti incentrato sulla rilevazione delle perdite attese.

Il c.d. three-bucket model prevede una classificazione dei crediti in tre stadi in funzione del livello e della variazione nel tempo del rischio di credito.

I crediti UTP possono ricadere – a seconda delle valutazioni caso per caso – sia nello stadio 1 – performing, ovvero a rischio basso con performance in linea con le previsioni, sia nello stadio 2 – underperforming, in cui il rischio è intermedio, con perdita attesa multi-periodale, che ricomprende tutti i possibili eventi attesi di default lungo tutta la durata dello strumento.

Infine, è previsto anche lo stadio 3, detto anche non-performing, che ricomprende i crediti ormai in sofferenza, tipicamente NPL, vista la presenza di oggettive evidenze di deterioramento del credito.

Questo porta le principali banche italiane ad effettuare valutazioni flessibili e disomogenee, combinando valutazioni di tipo analitico-statistico, per le esposizioni relativamente contenute, con valutazioni di tipo analitico-specifico, per le esposizioni più elevate.  

Tenuta conto la variabilità delle caratteristiche dei crediti UTP, in particolare con riferimento alle oscillazioni di classificazione in termini di rischio dallo stadio 1 allo stadio 2, le rilevazioni contabili delle banche si adattano di conseguenza.

Infatti, se il credito è già collocato allo stadio 2 si tende ad effettuare rettifiche di valore pari alle perdite attese lungo la vita residua dello strumento finanziario, mentre se il credito presenta un migliore stato di salute, collocandosi allo stadio 1, si rilevano le perdite solo sul breve termine, attese nel corso del 12 mesi successivi.

Le rilevazioni contabili delle banche ormai forniscono una chiara rappresentazione del crescente approccio proattivo e flessibile nella gestione delle attività di recupero crediti, a cui si accompagna una costante attività di revisione in sede di reporting periodico.

Dunque, alla luce dell’attuale scenario economico, le banche si troveranno sempre più motivate ad agire tempestivamente per recuperare i propri crediti e riportare in bonis i borrowers, posto che, con riferimento a quest’ultimo scenario, è stato riscontrato che diversi fondi Private Equity si stanno muovendo in tale direzione, allo scopo di aiutare aziende industrialmente solide che si trovano in situazioni di sofferenza finanziaria.

Il sorpasso del segmento dei crediti UTP rispetto al segmento NPL – collocato il fenomeno nel contesto regolatorio descritto – fa emergere uno scenario di evoluzione dei mercati tendenzialmente positivo, poiché la gestione delle esposizioni UTP ha l’obiettivo di ristabilire la capacità delle imprese di generare cash-flow per consentire che i loro prestiti ritornino performing, attraverso gli strumenti a disposizione per la realizzazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Una massiva diffusione dell’attività di gestione dei crediti UTP ha la potenzialità di innescare un meccanismo virtuoso, con un discostamento – quantomeno parziale – dalla dimensione prettamente speculativa tipica della gestione delle sofferenze, svolgendo così una funzione di generale risanamento dell’economia nazionale. Nel medio-lungo termine, favorire il ritorno in salute delle imprese, infatti, comporta il mantenimento di più posti di lavoro e un maggiore livello di benessere in grado di dare impulso a nuovi investimenti nonché ad una complessiva crescita economica.

In prospettiva, la gestione dei crediti UTP dovrà essere sempre più affidata ad operatori altamente specializzati, capaci di affrontare la complessità e varietà dei relativi portafogli.

Giocheranno un ruolo chiave nell’attività di gestione delle singole esposizioni UTP, non soltanto gli strumenti di risanamento messi a disposizione dal Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza, ma anche i meccanismi di risoluzione negoziale della crisi, quale la composizione negoziata introdotta di recente dal legislatore con il D.L. 118/2021.

Si profila quindi una gestione sofisticata, che dovrà emanciparsi dalla prospettiva prettamente liquidatoria, in cui sarà indispensabile la capacità di individuare gli strumenti giuridici più efficaci, abbracciando una nuova dimensione dell’attività di recupero crediti improntata ad un approccio di tipo conservativo

Certo è che sarà sempre più importante realizzare una stretta sinergia tra istituti di credito e professionisti, fondamentale per un’efficace gestione proattiva dei crediti UTP.

Avv. Anna Caffini

(riproduzione riservata)


[1] Cfr. https://www.ilsole24ore.com/art/banche-bilanci-big-34-miliardi-utp-mps-ultima-coperture-AEAHAkf?refresh_ce=1

[2] Cfr. PricewaterhouseCoopers Report, The Italian Npl Market – transformation at work, dicembre 2021.

[3] Cfr.  “Linee guida sui crediti deteriorati” della Banca Centrale Europea (BCE), marzo 2017, integrate con l’”Addendum alle linee guida sui crediti deteriorati”, marzo 2018.

[4] Cfr. PricewaterhouseCoopers Report, Calendar Provisioning: quali sfide affrontare? I principali impatti economici, di business e organizzativi, 2019.

Pubblicato il

20 / 02 / 2022

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