Con la sentenza n. 969/2025, la Corte d’Appello di Milano si è pronunciata su un annoso tema giurisprudenziale: la validità dei contratti di leasing immobiliare indicizzati all’Euribor nel periodo in cui questo parametro è stato oggetto di manipolazione da parte di alcune banche europee (2005-2008).
Il caso riguardava un contratto di leasing stipulato con una società finanziaria non appartenente al “panel” di istituti coinvolti nelle pratiche anticoncorrenziali sanzionate dalla Commissione UE con le decisioni del 2013 e 2016. L’utilizzatore aveva chiesto la nullità del contratto, sostenendo che l’intero meccanismo di indicizzazione fosse viziato dall’intesa illecita.
La società aveva chiesto la nullità dei contratti, sostenendo:
- Violazioni della trasparenza bancaria (mancata indicazione del TAN, discrepanza tra tasso leasing e tasso effettivo);
- Nullità per manipolazione dell’Euribor, invocando le sanzioni antitrust UE del 2013 e 2016;
- Vizi formali (mancato piano di ammortamento, indeterminazione del tasso di prelocazione).
Il Tribunale di Milano, in primo grado, aveva già rigettato tutte le domande.
La decisione della Corte d’Appello si inserisce nel complesso dibattito sull’estensione degli effetti delle sanzioni antitrust ai contratti con la clientela finale e ha confermato il rigetto della domanda di nullità, sviluppando una motivazione articolata su tre livelli:
- Profilo oggettivo
- Le pratiche sanzionate riguardavano esclusivamente il mercato dei derivati (EIRD)
- Il leasing immobiliare appartiene a un comparto economico diverso e non costituisce “sbocco” dell’intesa illecita
- Profilo soggettivo
- Manca qualsiasi prova del coinvolgimento della società concedente nelle condotte anticoncorrenziali
- La semplice adesione a un parametro di mercato non equivale a partecipazione all’intesa
- Profilo contrattuale
- Le parti hanno fatto riferimento all’Euribor nella sua accezione formale di indice ufficiale
- L’accordo mantiene la sua validità in quanto basato su un parametro oggettivo e determinabile
La Corte ha ribadito che il tasso leasing era espresso come tasso annuo nominale (TAN), come previsto dalla Circ. Banca d’Italia n. 229/1999 e la differenza tra tasso nominale e tasso effettivo (TAE) è fisiologica nei pagamenti infrannuali e non costituisce violazione dell’art. 117 TUB.
La pronuncia si allinea all’orientamento della Cassazione espresso nell’ordinanza n. 19900/2024, che aveva precisato: “Non tutti i contratti indicizzati all’Euribor possono qualificarsi automaticamente come ‘a valle’ dell’intesa vietata, occorrendo invece che essi rappresentino lo sbocco necessario o uno strumento essenziale per la realizzazione della pratica anticoncorrenziale”.
La Corte milanese ha inoltre superato l’apparente contrasto con alcune precedenti decisioni (tra cui Cass. n. 34889/2023) distinguendo i casi di riproduzione diretta di clausole anticoncorrenziali (es. fideiussioni omnibus “schema ABI”) e le ipotesi di mero riferimento a parametri esterni.
La sentenza conferma un approccio cauto nell’applicazione delle sanzioni antitrust ai contratti bancari, richiedendo un nesso diretto e provato tra intesa illecita e clausola contrattuale, bilanciando la salvaguarda della stabilità contrattuale senza precludere azioni risarcitorie verso i diretti responsabili della manipolazione.
Tuttavia, la questione sull’impatto della manipolazione dell’Euribor nei contratti bancari è ancora aperta: la Corte di Giustizia UE (rinvio pregiudiziale da Cagliari, 2025) dovrà chiarire se gli effetti delle sanzioni antitrust si applichino solo ai derivati o anche ad altri rapporti.