Il Tribunale di Modena, con decreto del 18.01.2025, in tema di durata massima delle misure protettive, ha affermato che«[i]l periodo di “dodici mesi”, che l’art. 8 CCII individua come termine massimo per la durata delle misure protettive, deve considerarsi scaduto solo allorquando la somma dei periodi di protezione effettiva avrà raggiunto tale consistenza, senza tenere conto degli intervalli di tempo in cui le misure protettive non siano operanti, ed esclusa quindi ogni rilevanza del maturare dell’anno solare decorrente dall’inizio della operatività delle misure protettive».
Il Tribunale era stato chiamato ad esprimersi in ordine al metodo di computo del termine e, ossia se esso dovesse considerarsi scaduto decorsi dodici mesi solari dall’inizio delle misure protettive o, al contrario, dovesse riferirsi alla somma effettiva dei periodi in cui tali misure sono state operative.
Il Tribunale ha evidenziato due possibili interpretazioni:
- Interpretazione restrittiva: il limite di dodici mesi dovrebbe essere calcolato a partire dalla data di prima concessione delle misure protettive, senza considerare eventuali interruzioni o sospensioni. In questo caso, il termine scadrebbe automaticamente dopo un anno solare dall’attivazione iniziale delle misure.
- Interpretazione estensiva (adottata dal Tribunale): il termine di dodici mesi deve essere calcolato sommando esclusivamente i giorni effettivi di protezione goduti, escludendo gli intervalli di tempo in cui le misure non erano operative. Pertanto, la durata complessiva della protezione può estendersi oltre un anno solare, fino al raggiungimento effettivo di dodici mesi di protezione.
Il Giudice modenese ha ritenuto preferibile la seconda soluzione, sottolineando che il dato normativo e sistematico depone a favore di un’interpretazione che tenga conto dei soli periodi effettivi di protezione. Ciò sarebbe coerente con la struttura modulabile e flessibile delle misure protettive, che possono essere concesse, sospese, prorogate o rinnovate in funzione dell’andamento delle trattative di ristrutturazione.
La decisione si fonda su diversi elementi:
- L’uso del termine “anche non continuativo” nell’art. 8 CCII suggerisce che il legislatore abbia voluto riferirsi alla somma dei periodi effettivi di protezione piuttosto che a un mero computo lineare di dodici mesi solari.
- Distinzione tra “proroga” e “rinnovo”: mentre la proroga estende una misura protettiva senza soluzione di continuità, il rinnovo implica la sua riattivazione dopo un’interruzione. La norma include entrambi i concetti nel calcolo della durata massima, il che conferma la necessità di considerare solo i periodi di protezione effettiva.
- Coerenza con la Direttiva Insolvency (art. 6, par. 7 e 8): l’interpretazione adottata risulta conforme ai principi europei di flessibilità nella gestione della crisi d’impresa.
- Tutela della finalità delle misure protettive: queste devono garantire uno spazio temporale adeguato per condurre in modo efficace le trattative di ristrutturazione senza indebiti automatismi nella loro cessazione.
La decisione ha un impatto rilevante nella gestione delle procedure contemplate dal CCII, con effetti sia positivi che potenzialmente critici: da un lato vi è una maggiore flessibilità per le imprese in crisi, che possono effettivamente usufruire di dodici mesi di protezione senza il rischio di perdere tempo utile a causa di sospensioni o interruzioni, nonché una migliore tutela dell’efficacia degli strumenti di regolazione della crisi, in quanto la protezione non viene meno solo per il decorso del tempo ma in relazione all’effettiva necessità della procedura.
Dall’altro lato potrebbero esservi possibili abusi (la possibilità di sospendere e riattivare le misure protettive potrebbe essere sfruttata per estendere eccessivamente la protezione, procrastinando il soddisfacimento dei creditori) e incertezza per i creditori (il calcolo della durata effettiva potrebbe generare incertezza sui tempi di recupero dei crediti, specialmente in contesti in cui i rinnovi non siano chiaramente prevedibili).
Il Tribunale ha tuttavia mitigato queste criticità affermando che ogni abuso dovrà essere valutato caso per caso e che esistono strumenti per contrastare strategie dilatorie, come la revoca delle misure e il controllo del commissario giudiziale.
La decisione del Tribunale di Modena offre un’interpretazione estensiva della durata delle misure protettive, privilegiando la sostanza rispetto alla mera decorrenza temporale. Questo approccio garantisce una maggiore tutela alle imprese in crisi e si armonizza con il quadro normativo europeo, ma impone al contempo una vigilanza attenta per evitare utilizzi strumentali del sistema. L’equilibrio tra le esigenze dell’impresa debitrice e la tutela dei creditori dovrà essere valutato con attenzione nella prassi applicativa.