Cenni di compliance aziendale: modello 231 e crisi di impresa
di Dott. Raffaele De Luca

Il modello 231 (o modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. 231/2001) è uno strumento che disciplina la responsabilità amministrativa degli enti per determinati reati commessi da dirigenti, dipendenti o collaboratori nell’interesse o a vantaggio dell’impresa. Il d.lgs. 231/2001 introduceva pertanto la responsabilità amministrativa (di fatto, penale) delle persone giuridiche (società, enti, ecc.) per alcuni reati commessi a loro vantaggio da parte di soggetti che hanno un ruolo direttivo o subordinato. Alcuni reati c.d. presupposto ai fini del decreto sono: reati societari, corruzione, riciclaggio, reati ambientali, reati contro la sicurezza sul lavoro.

In chiave evolutiva l’art. 3 del codice della crisi d’impresa reca disposizioni in materia di adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa da parte dell’imprenditore individuale e di quello collettivo. Pertanto, mentre con il d. lgs. 231/2001 si poneva l’obiettivo della prevenzione dei “reati presupposto”, il nuovo codice incentiva l’impresa ad adottare sistemi virtuosi per la prevenzione dello stato di insolvenza.

Ma quale ruolo assume il modello 231 durante una crisi di impresa?

Durante la fase di una crisi di impresa, l’adozione di un modello 231 potrebbe contribuire a:

  • mantenere il controllo interno dell’impresa, riducendo la probabilità di commissione di reati e migliorando la governance.
  • dimostrare che l’azienda ha preso misure adeguate a prevenire condotte illecite. Si pensi agli effetti positivi per l’impresa in caso di negoziazione con creditori o per l’accesso alle procedure concorsuali;
  • eliminare la propria responsabilità amministrativa in caso di reati commessi dai propri dipendenti o dirigenti. Durante una crisi, in cui le risorse finanziarie sono limitate, evitare sanzioni amministrative può essere essenziale per la sopravvivenza dell’impresa. Le sanzioni possono essere molto gravose, includendo multe, interdizioni dall’attività e la confisca di beni;
  • attrarre investitori o creditori disposti a negoziare se l’impresa si trova in una fase di ristrutturazione del debito;

Come stabilisce il d.lgs. 231/2001, il modello di governance deve prevedere specifici protocolli diretti a pianificare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire, individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati, prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli, introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Anche il comitato di vigilanza (OdV) previsto dal d.lgs 231/2001 ha un ruolo chiave nel monitorare la corretta applicazione delle procedure e nella prevenzione della crisi di impresa. Infatti, nel caso in cui la funzione di Organismo di vigilanza non sia affidata al Collegio sindacale, quest’ultimo, nell’esercizio dell’attività di vigilanza ex 2403 c.c., è chiamato ad acquisire dall’OdV incaricato informazioni utili a comprendere le modalità attuative della compliance 231. Ciò anche in ragione del fatto che la severità del sistema sanzionatorio previsto dal d.lgs. 231/2001, potrebbe compromettere le prospettive di continuità aziendale. Se l’OdV rileva carenze o il rischio di commissione di reati, deve intervenire tempestivamente per proporre misure correttive e informare tempestivamente il collegio sindacale.

Il modello organizzativo di gestione e controllo ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, laddove presente, deve necessariamente prevedere specifiche procedure in materia di gestione dei flussi finanziari, gestione della contabilità e del processo di redazione e approvazione del bilancio di esercizio, oltre che in materia di adempimenti tributari.

Pertanto, l’interazione fra modelli 231 e adeguati assetti organizzativi si deve tradurre in una fattiva e positiva collaborazione fra il Collegio sindacale e l’OdV. Sembra opportuno che le aziende che si sono dotate del modello 231 procedano all’integrazione delle misure di prevenzione della crisi nel modello 231 in quanto l’utilizzo di un approccio di compliance integrato, teso ad accogliere le prescrizioni dell’art. 3, comma 3, lett. a) e b), c.c.i.i. nell’ambito dei protocolli 231 e nelle relative procedure che li disciplinano, può generare l’attivazione di verifiche congiunte e condivise da parte del Collegio sindacale e dell’ODV oggetto di informative periodiche all’organo amministrativo.

È auspicabile, quindi, perseguire un approccio integrato alla gestione dei rischi di natura organizzativa, gestionale e finanziaria (compliance integrata), volto ad assicurare idonee sinergie tra i diversi adempimenti normativi cogenti e sviluppare idonei flussi informativi tra le diverse funzioni del sistema di controllo interno (amministratori, funzioni di controllo interno dedicate, OdV, Collegio sindacale) con l’obiettivo di ridurre i costi di compliance da un lato e realizzando sistemi di indicatori integrati di rischio e di performance al fine di consentire un adeguato equilibrio tra rischi e opportunità anche al fine della prevenzione della crisi di impresa.

Pubblicato il

20 / 09 / 2024

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