La fidejussione in pendenza di concordato
di Avv. Eugenia Vitellini

L’art. 184 della Legge Fallimentare (L.F.), riguardante gli effetti del concordato per i creditori, stabilisce che il concordato omologato è vincolante per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso. Tuttavia, i creditori conservano i loro diritti contro i coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso. Questo implica che, nonostante l’omologazione del concordato, i creditori possano ancora agire contro i fideiussori per recuperare la parte di credito non soddisfatta dal concordato.

Tuttavia, l’unico precedente della Corte Costituzionale sull’art. 184 L.F. (sentenza n. 106 del 2004) non ha affrontato la legittimità costituzionale della norma riguardante i fideiussori, concentrandosi invece sugli effetti del concordato nei confronti dei creditori anteriori.

La giurisprudenza prevalente esclude il diritto di voto del fideiussore nel concordato, poiché il credito di regresso sorge solo dopo l’effettivo pagamento del debito garantito. Questo conferma l’estraneità del fideiussore alla procedura concordataria, anche per quanto riguarda la formazione delle classi dei creditori.

Nonostante ciò, l’obbligo del fideiussore di pagare la quota di credito rinunciata nel concordato, senza poter partecipare alla procedura, solleva dubbi di costituzionalità. In particolare, si potrebbe sostenere che tale obbligo rappresenti un’ingerenza espropriativa nella sfera patrimoniale del fideiussore, lesiva della sua autonomia negoziale e dei suoi diritti costituzionalmente protetti (artt. 2, 24, 41 e 42 Cost.).

Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 184 L.F. potrebbe limitare la portata della disposizione ai soli diritti d’azione dei creditori contro i fideiussori, escludendo la possibilità per i creditori di ottenere dal fideiussore un pagamento superiore a quello previsto nel concordato omologato. In alternativa, si potrebbe sollevare una questione di legittimità costituzionale della norma per violazione dei suddetti articoli della Costituzione.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22382 del 6 settembre 2019, ha chiarito ulteriormente la posizione del fideiussore nel contesto del concordato preventivo, confermando che questi non ha diritto di voto nell’adunanza dei creditori. Questa pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale che trova origine già nel 2017 con l’ordinanza n. 19609, dove la questione era stata affrontata, seppure non in maniera così approfondita.

Il punto di partenza è l’art. 174 comma 4 della legge fallimentare, che permette ai fideiussori, ai coobbligati e agli obbligati in via di regresso di intervenire all’adunanza dei creditori. Tuttavia, l’intervento non si traduce in un diritto di voto, poiché il fideiussore, prima di aver effettuato il pagamento, non possiede un credito di regresso esigibile nei confronti del debitore principale.

La sentenza del 2019 della Cassazione ha ribadito che il fideiussore non può essere ammesso al passivo con riserva per un credito condizionale, dal momento che il suo credito di regresso nasce solo dopo il pagamento del debito garantito. Questo significa che il pagamento non è solo una condizione di esigibilità del credito di regresso, ma ne costituisce il presupposto stesso.

L’azione di rilievo prevista dall’art. 1950 c.c., che permette al fideiussore di chiedere al debitore di liberarlo dal vincolo, non può essere considerata come base per qualificare il fideiussore come creditore del debitore in concordato. Questo perché l’azione di rilievo mira a ottenere un comportamento specifico (un “facere”) e non un pagamento (un “dare”).

In sintesi, la Cassazione ha confermato che, nel contesto del concordato preventivo, il fideiussore della società in crisi può partecipare all’adunanza dei creditori per esprimere osservazioni o contestazioni, ma non ha diritto di voto. Tale partecipazione è limitata alla tutela dei propri interessi, senza tuttavia interferire direttamente nel processo decisionale dei creditori. Solo dopo il pagamento del debito, il fideiussore potrà eventualmente surrogarsi al creditore soddisfatto e avanzare pretese nei confronti della società debitrice.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha chiarito in modo decisivo che non è possibile inserire nella proposta concordataria una clausola che preveda la liberazione dei fideiussori e dei garanti in caso di omologazione del concordato. Questo perché la normativa fallimentare, in particolare l’art. 184, comma 2, della legge fallimentare, stabilisce che i creditori concordatari mantengono intatti i loro diritti nei confronti dei coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso, nonostante l’omologazione del concordato.

La previsione dell’art. 184, comma 2, l. fall. costituisce una deroga espressa alle norme del Codice Civile, come l’art. 1301 c.c. (che riguarda la remissione volontaria del debito e la comunicabilità degli effetti favorevoli tra i condebitori) e l’art. 1941 c.c. (che regola la fideiussione). Queste norme prevedono che la remissione del debito o altre circostanze favorevoli per il debitore principale si estendano anche ai fideiussori, ma tale principio viene derogato nel contesto del concordato preventivo.

La ragione dietro questa deroga è quella di favorire l’accettazione della proposta concordataria da parte dei creditori, assicurando loro che i loro diritti verso i garanti e fideiussori rimangano inalterati. Questo contribuisce a dare ai creditori una maggiore sicurezza rispetto al recupero del credito, rendendo più probabile l’approvazione del concordato.

Dunque, la disciplina degli effetti del concordato, essendo normativamente stabilita, non è disponibile alle parti, e di conseguenza non può essere modificata tramite accordi pattizi all’interno della proposta concordataria. Qualsiasi clausola che tentasse di liberare i fideiussori e i garanti in caso di omologazione del concordato sarebbe contraria alla legge e quindi inapplicabile.

In sintesi, la Cassazione ha stabilito che il tentativo di includere nella proposta concordataria la liberazione dei fideiussori e garanti è in contrasto con l’art. 184, comma 2, della legge fallimentare e, pertanto, non può produrre effetti. I creditori, dunque, conservano i loro diritti nei confronti dei fideiussori anche dopo l’omologazione del concordato.

Pubblicato il

06 / 09 / 2024

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