La sorte delle fideiussioni omnibus conformi alle intese anticoncorrenziali censurate dall’ABI
di Avv. Marta Pozzoni

Gli orientamenti giurisprudenziali e la decisione delle Sezioni Unite

Nei rapporti con la clientela gli istituti di credito solitamente fanno uso di schemi negoziali predisposti dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI), un’associazione senza scopo di lucro a cui aderiscono quasi tutte le banche italiane.

Nel 2002 l’ABI ha redatto uno schema negoziale per il contratto di fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) e la Banca d’Italia – allora autorità garante della concorrenza degli istituti di credito – ha rilevato la presenza in quest’ultimo di clausole restrittive della concorrenza. Le critiche hanno riguardato, in particolare, le clausole 2, 6 e 8 del richiamato schema contrattuale, ovvero:

Art. 2 – Clausola di reviviscenza, secondo la quale il fideiussore deve “rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”.

Art. 6 – Clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. in base alla quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 c.c., che si intende derogato”.

Art. 8 – Clausola di sopravvivenza secondo la quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.

La Banca d’Italia, con il provvedimento n. 55 del 02 maggio 2005, ha quindi dichiarato lo schema ABI contrario alla normativa antitrust limitatamente alle clausole sopra indicate (nn. 2, 6 e 8).

In particolare, la clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c.c. e la clausola di sopravvivenza addosserebbero al fideiussore le conseguenze negative derivanti:

  • dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, la quale ha omesso di agire nel termine di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c.;
  •  dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa, venendo così meno il carattere accessorio tipico dell’obbligazione fideiussoria.

In tale contesto è risultato necessario l’intervento della Suprema Corte al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale insorto riguardo alle conseguenze del ricorso ad una fideiussione omnibus redatta in conformità ad intese anticoncorrenziali censurate dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005.

In particolare, la Suprema Corte si è interrogata in merito alle seguenti problematiche:

a) se la coincidenza, totale o parziale, con le predette condizioni uniformi giustifichi la dichiarazione di nullità delle clausole accettate dal fideiussore o legittimi esclusivamente l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno;

b) quale debba essere, nel primo caso previsto dalla precedente lett. a) – dichiarazione di nullità delle clausole, il regime applicabile alla nullità, sotto il profilo della tipologia del vizio e della legittimazione a farlo valere;

c) se sia ammissibile una dichiarazione di nullità parziale della fideiussione;

d) se l’indagine richiesta al fine di addivenire alla dichiarazione di nullità delle citate clausole debba avere ad oggetto, oltre alla verifica della coincidenza con lo schema ABI, anche la potenziale volontà delle parti di prestare ugualmente il proprio consenso al rilascio della garanzia, ovvero il venir meno di tale consenso, a fronte di un mutamento dell’assetto d’interessi derivante dal contratto.

È fondamentale, in via preliminare, inquadrare l’assetto della disciplina normativa interna ed europea in tema di clausole restrittive della concorrenza.

La legge 287/1990 contiene le norme a tutela della concorrenza e del mercato e, in particolare, viene il rilievo l’art. 2 c. 2 lett. a), in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza.

La disposizione vieta “le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali”. L’ultimo comma dispone che le intese vietate sono nulle ad ogni effetto”.

L’art. 101 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) prevede come siano incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno. Tali accordi sono nulli di pieno diritto.

Ciò premesso, diviene fondamentale analizzare i diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi sul punto.

Secondo parte della giurisprudenza, la soluzione preferibile è la nullità totale del contratto di fideiussione a valle dell’intesa vietata; secondo un’altra parte, è preferibile la tesi della nullità parziale delle clausole del contratto.

Sul punto, si è espressa anche la Suprema Corte.

 Inizialmente, con la sentenza n. 29810 del 12 dicembre 2017, quest’ultima ha rilevato come, nel dichiarare la nullità delle intese vietate, l’art. 2, l. n. 287/1990 prenda in considerazione, non solo il negozio giuridico posto all’origine della violazione, ma tutta la serie dei fatti distorsivi della concorrenza, anche successivi a quel negozio. Ne deriverebbe, pertanto, come la nullità si riferisca anche ai contratti “a valle”, anche se sono stati stipulati prima che l’intesa fosse accertata dall’autorità amministrativa preposta alla vigilanza del mercato concorrenziale, a condizione che essa si sia realizzata in un momento precedente al negozio denunciato come nullo (Cass. civ. sez. I, 12 dicembre 2017, n. 29810).

La radicale nullità del contratto di fideiussione omnibus conforme allo schema ABI è stata quindi dichiarata da alcune pronunce di merito (Trib. Siena 14 maggio 2019; Trib. Salerno 5 febbraio 2020; Trib. Matera 6 luglio 2020; Trib. Matera 29 luglio 2020; Trib. Salerno 19 agosto 2020 n. 208; CdA di Bari 15 ottobre 2020; CdA di Roma 24 maggio 2021; CdA di Bari 23 giugno 2021), secondo le quali la nullità delle clausole di sopravvivenza e di reviviscenza della fideiussione nonché di rinuncia termini ex art. 1957 c.c. si riverberano sull’intero contratto di fideiussione per due motivi:

1) nell’ordinanza della Cass. n. 29810/2017 si parla esclusivamente di “nullità del contratto” e non di nullità delle singole clausole;

2) le clausole censurate incidono pesantemente e sfavorevolmente sulla posizione del garante, circostanza che giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili delle violazioni in esame e che si escluda l’applicabilità dell’art. 1419 c.c. (nullità parziale).

In un secondo momento, con la sentenza n. 3556 del 13 febbraio 2020, la Suprema Corte ha affermato come, ai sensi dell’art. 1419 c.c., la nullità integrale del contratto come conseguenza della nullità di singole clausole si determinerebbe solo se risultasse che i contraenti non avrebbero stipulato il contratto in mancanza di quelle clausole. Ciò non sarebbe né deducibile né dimostrato e, anzi, sarebbe da escludere, sul piano logico, trattandosi, nel caso di specie, di clausole a favore della banca (Cass. civ. sez. III, 13 febbraio 2020, n. 3556).

L’orientamento, sostenuto già dal Tribunale di Rovigo con la sentenza del 9 settembre 2018, si fondava sulla circostanza per la quale il contratto di garanzia non può dirsi interamente nullo, in quanto, sarebbe di tutta evidenza che la banca lo avrebbe comunque concluso, essendo qualsiasi garanzia migliore della mancanza di garanzia ed inoltre “l’opponente non ha allegato ragioni per cui l’assenza di clausole, peraltro comportanti effetti gravosi  nei suoi confronti, lo avrebbero dovuto indurre a non stipulare i negozi in questione” (Trib. Rovigo 9 settembre 2018).

Alcune pronunce di merito hanno quindi affermato come la nullità ravvisabile nella fattispecie dovesse considerarsi soltanto parziale e quindi riguardare le sole clausole in violazione della normativa antitrust, in applicazione del generale principio di cui all’art. 1419 c.c.  (Trib. Rieti 29 febbraio 2020; Trib. Ferrara 29 aprile 2020; App. Torino 20 luglio 2020; Trib. Cassino 15 ottobre 2020 n. 744; Trib. Roma 13 ottobre 2020; App. Milano 4 gennaio 2021; Trib. Torino 16 aprile 2021; Trib. Padova 7 aprile 2021; Trib. Vicenza 27 maggio 2021; Trib. Teramo 9 giugno 2021 n. 914; CdA di Venezia 13 settembre 2021; Trib. Napoli 22 settembre 2021, conformi anche le pronunce della Suprema Corte n. 24044/2019 e n. 4175/2020).

L’orientamento sosteneva che l’obbligo di garanzia non venisse meno anche eliminando le clausole invalide: la funzione economico-sociale della fideiussione infatti risultava permanere.

Secondo un ulteriore orientamento giurisprudenziale, infine, l’unica tutela concessa al soggetto rimasto estraneo all’intesa anti-concorrenziale e che abbia allegato e dimostrato un pregiudizio ad essa conseguente sarebbe quella risarcitoria (vedasi anche la già richiamata Cass. n. 24044/2019, oltre alle pronunce di merito Trib. Treviso 26 luglio 2018; Trib. Treviso 30 luglio 2018; Trib. Verona 27 settembre 2018; Trib. Verona 1 ottobre 2018; Trib. Bergamo 25 giugno 2019; Trib. Napoli 17 ottobre 2019; Trib. Sondrio 10 dicembre 2019; Trib. Velletri 20 gennaio 2020; Trib. Busto Arsizio 26 maggio 2020; Trib. Bergamo 14 luglio 2021).

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, in esito ad una puntuale ricognizione della normativa nazionale e comunitaria, hanno depositato la sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021, la quale, ha riferito il seguente principio di diritto: “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a) della legge n.  287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”.

La nullità parziale – tra le diverse forme di tutela riconoscibili al fideiussore: nullità totale del contratto a valle; nullità parziale di tale contratto, ossia limitatamente alle clausole che riproducono le condizioni dell’intesa nulla a monte; tutela risarcitoria – risulta essere l’opzione che addiviene a risultati più in linea con le finalità e gli obiettivi della normativa antitrust. Tale soluzione appare anche idonea a salvaguardare il principio generale di “conservazione” del contratto.

L’eliminazione delle tre clausole censurate dall’Antitrust, da un lato, migliora la posizione del fideiussore, dall’altro, agevola la banca, la quale, fuori di dubbio, preferisce mantenere la garanzia anche se depurata dalle predette clausole alla stessa favorevoli.

La tutela risarcitoria, è chiarito nella decisione delle Sezioni Unite, resta naturalmente perseguibile, ma non in via esclusiva, bensì unitamente all’azione di nullità. Il riconoscimento alla vittima dell’illecito anticoncorrenziale, oltre alla tutela risarcitoria del diritto a far valere la nullità del contratto, si rileva un adeguato completamento del sistema delle tutele, non nell’interesse esclusivo del singolo, bensì in quello generale della trasparenza e della correttezza del mercato, principi posti a fondamento della normativa antitrust.

Dunque, secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte, la nullità dell’intesa a monte determina la “nullità derivata” del contratto di fideiussione a valle, ma limitatamente alle clausole che costituiscono pedissequa applicazione degli articoli dello schema ABI dichiarati nulli dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 02 maggio 2005 (clausole nn. 2, 6 e 8) che, peraltro, ha espressamente fatto salve le altre clausole.

Pubblicato il

15 / 05 / 2023

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