La suddivisione delle classi creditizie concordatarie nell’ambito del Codice della Crisi d’Impresa
di Avv. Andrea Giovannoni

Nella procedura di concordato preventivo, la ripartizione dei crediti in autonome classi gerarchiche consente all’imprenditore di poter predisporre un relativo piano di pagamento caratterizzato dalle peculiarità e caratteristiche corrispondenti alle passività che s’intendono risanare.

Attraverso la suddivisone, è quindi possibile operare una differenza di trattamento dei creditori, fatto salvo l’ordine dei privilegi e le legittime cause di prelazione e sempre che la formazione delle classi venga effettuata sulla base di criteri omogenei, conformemente a quanto previsto dall’art. 160, comma, 1, lett. c), l. fall. e dall’art. 2, comma 1, lett. r), CCII, che definisce la classe un “insieme di creditori che hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei.”

L’omogeneità delle posizioni giuridiche deriva da una valutazione formale del credito e riguarda la natura oggettiva di questo, il carattere chirografario o privilegiato, eventuali contestazioni della misura o della qualità e l’eventuale presenza di un titolo esecutivo provvisorio.

L’omogeneità degli interessi economici, invece, deriva da una valutazione sostanziale del credito e riguarda la natura soggettiva dello stesso (banche, fornitori, lavoratori dipendenti, ecc.) al fine di garantire secondo canoni di ragionevolezza una maggiore adeguatezza distributiva in presenza di condizioni di omogeneità di posizione.

Nell’ipotesi di concordato preventivo con continuità aziendale, l’art. 85, comma 3, CCI, individua preventivamente le classi obbligatorie dei:

i) creditori privilegiati di cui si prevede un soddisfacimento soltanto parziale e che perciò sono catalogati tra i creditori interessati alla ristrutturazione;

(ii) creditori da qualificare “imprese minori, titolari di crediti chirografari derivanti da rapporti di fornitura di beni e servizi.”

Per quest’ultime s’intendono, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. d), CCII, le imprese che presentino congiuntamente:

–        un attivo patrimoniale non superiore ad euro trecentomila (nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività, qualora di durata inferiore);

–        ricavi annui non superiori ad euro duecentomila (nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore);

–        un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore ad euro cinquecentomila.

È evidente la ratio di tale disposizione volta ad offrire una maggiore protezione – tramite l’obbligatorio inserimento in specifica classe separata – alle piccole imprese fornitrici dell’imprenditore in crisi.

Il legislatore ha quindi ritenuto meritevoli di particolare tutela gli imprenditori di minore dimensione prevedendo la creazione di una classe ad hoc, distinta dagli altri creditori chirografari, con conseguente trattamento differenziato rispetto a questi ultimi.

In considerazione della rilevanza socio-economica degli interessi tutelati, la corretta formazione delle classi rappresenta, pertanto, una condizione di legittimità della proposta concordataria, oggetto della valutazione di legittimità da parte del competente ufficio giudiziario.

Al riguardo, l’art. 112, comma 1, lett. d), CCII, stabilisce che la valutazione sulla corretta formazione delle classi venga effettuata dal tribunale al momento della omologazione, mentre in presenza di proposta concorrente, tale valutazione verrà effettuata dal tribunale prima che la proposta stessa venga comunicata ai creditori (art. 90, comma 7, CCII)[1].


[1] Per ulteriori approfondimenti cfr. https://ilfallimentarista.it/articoli/focus/il-classamento-nel-concordato-preventivo-particolare-delle-imprese-minori-secondo-il

Pubblicato il

03 / 04 / 2023

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