Inefficacia dell’ipoteca iscritta prima della domanda di concordato: profili di applicabilità della norma.
di Avv. Anna Caffini

La Corte di Cassazione è di recente tornata sul tema dell’inefficacia delle ipoteche iscritte nei 90 giorni che precedono il deposito della domanda di concordato, con provvedimento dell’8 luglio 2022 (Cassazione Civile, Sez. I, n. 21758)[1].

La Suprema Corte si è espressa a seguito di ricorso proposto da un creditore ipotecario avverso il decreto con cui il Tribunale di Firenze, rigettando l’opposizione ex artt. 98-99 l. fall., aveva negato la natura ipotecaria del credito insinuato al passivo, rilevando che l’ipoteca, iscritta nei novanta giorni antecedenti alla pubblicazione del ricorso per concordato preventivo nel registro delle imprese, deve essere considerata inefficace ex art. dell’art. 168, comma 3, l. fall., anche per quanto riguarda poi la formazione dello stato passivo nel fallimento successivamente dichiarato, giusto il principio di consecuzione tra le due procedure.

I Giudici di legittimità si sono concentrati sull’individuazione della disciplina effettivamente applicabile per quanto riguarda l’ipoteca – pacificamente – iscritta dalla società creditrice nel 90 giorni precedenti la pubblicazione della domanda concordataria da parte della società debitrice, poi dichiarata fallita.

Nell’esame della possibile estensione al fallimento successivo al concordato della regola dell’inefficacia ex lege vigente in materia di concordato, la Suprema Corte è partita dai principi recentemente espressi nella Sentenza Cass. 6381/2019 che, in una fattispecie analoga, aveva ritenuto l’art. 168, comma 3, l. fall. applicabile, alla luce del “principio della consecuzione delle procedure”, quindi anche nel caso in cui al concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento.

La Cassazione, nella sentenza in commento, ha preso le distanze dal precedente di legittimità, precisando innanzitutto che è necessario circoscrivere il rilievo accordato al principio di unitarietà delle procedure succedutesi senza soluzione di continuità.

La Corte chiarisce che è evidente nell’ordinamento positivo “l’intenzione del legislatore di regolare autonomamente, in vista di peculiari finalità, i singoli effetti giuridici prodotti dalla presentazione della domanda di concordato sul fallimento consecutivo, sì che, al di fuori di tali effetti tipici, nessun effetto ulteriore risulta predicabile in via interpretativa”.

Pertanto, la Cassazione sostiene che la consecuzione non costituisce un dato di per sé sufficiente per poter ritenere operante una norma dettata per il concordato anche nel successivo fallimento, occorrendo, invece, un’espressa previsione in questo senso o almeno che la disciplina di quest’ultima procedura includa identica o analoga norma.

I Giudici di legittimità, in particolare, hanno sottolineato che la disposizione di cui all’art. 168, c.3 L.F. non trova una corrispondenza nelle norme che regolano specificamente gli effetti della dichiarazione di fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori. Infatti, il fallimento conosce il diverso strumento dell’azione revocatoria, ma, non contempla nessuna ipotesi di efficacia automatica ex lege delle ipoteche giudiziali iscritte anteriormente all’apertura della procedura.

La norma di collegamento tra le due procedure consecutive è da identificare piuttosto nell’art. 69 bis, comma 2, L.F., in base alla quale, quando alla domanda di concordato segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli artt. 64 ss. L.F. retroagiscono alla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese.

La Cassazione evidenzia che l’inefficacia delle ipoteche giudiziali ex art. 168, comma 3, L.F. è un effetto che non può sopravvivere oltre il concordato, non soltanto per quanto riguarda l’applicabilità del principio della consecuzione, ma anche perché, in assenza di una scelta diversa del legislatore, tale effetto è destinato ad esaurire la propria funzione nell’ambito della sola procedura concordataria.

Inoltre, per quanto riguarda il successivo fallimento, il Curatore dispone di altri e numerosi strumenti per ottenere l’accertamento dell’inefficacia di un atto, che sono funzionali all’obiettivo – diverso da quello a cui mira il concordato – del ripristino della par condicio creditorum.

Questa conclusione è suffragata anche da un punto di vista strettamente letterale, se si prende in esame il dato normativo.

Difatti, ai sensi dell’art. 168, comma 3 L.F., la garanzia che è stata iscritta nei 90 giorni antecedenti la domanda di concordato è inefficace nei confronti dei “creditori concordatari” e non di quelli “fallimentari”.

Infine, la Suprema Corte ha sottolineato che non si può tralasciare il fatto che, qualora si ritenesse applicabile l’art. 168, comma 3, L.F. nell’ipotesi di consecuzione tra le due procedure, si finirebbe con l’assicurare ai creditori di un debitore che abbia chiesto, ma non ottenuto, l’ammissione al concordato – oppure che abbia visto aperta quella procedura ma con successivo esito infausto, e poi è fallito – tutele ingiustamente ed irrazionalmente rafforzate rispetto ai creditori di un debitore che entri subito in fallimento senza passare attraverso la domanda di concordato. In questo caso, solo i primi potrebbero far valere l’inefficacia delle garanzie reali iscritte 90 giorni prima dell’ingresso nella procedura minore, malgrado questa non sia stata ammessa o non abbia avuto buon esito. Soluzione, che determinerebbe una palese e ingiustificata disparità di trattamento e comporterebbe la lesione del principio costituzionale di eguaglianza.

Quindi, sulla scorta delle ragioni di diritto appena illustrate, la Cassazione ha enunciato il seguente principio:

“l’art. 168, comma 3, l. fall., il quale sancisce l’inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori all’iscrizione nel registro delle imprese del ricorso per concordato preventivo rispetto ai creditori anteriori al concordato, non si applica qualora, aperta la procedura concordataria, la stessa abbia avuto esito infausto e sia stato, contestualmente o in un momento successivo, dichiarato il fallimento dell’imprenditore, trovando l’inefficacia degli atti nell’ambito della procedura fallimentare la propria disciplina negli artt. 64 e segg. l.. fall.”

La sentenza ha un chiaro interesse pratico, in quanto fornisce indicazioni chiare ed autorevoli agli operatori di settore per la gestione della fattispecie in esame[2].


[1] Il testo integrale della sentenza è reperibile di seguito: https://dirittodellacrisi.it/file/XyDYZk6RV8dPiCmBGTCusvCFEvrhhvNWIsudBX1H.pdf

[2] Cfr. anche “Inefficacia delle ipoteche iscritte prima del deposito della domanda di concordato” di Federica De Gottardo, Dottoranda in diritto commerciale presso l’Università di Trento, reperibile al link: https://www.dirittobancario.it/art/inefficacia-delle-ipoteche-iscritte-prima-del-deposito-della-domanda-di-concordato/

Pubblicato il

14 / 11 / 2022

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