N. 17/2022
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, entrato in vigore lo scorso 15 luglio, introduce, all’art. 25- sexies, ai commi 1, 2 e 3, un nuovo strumento di regolazione della crisi, denominato Concordato Semplificato.
Trattasi di una procedura concorsuale che non presenta i connotati di una procedura autonoma, ma risulta strettamente legata alla procedura di composizione negoziata.
Difatti, l’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza, che abbia preventivamente attivato la procedura di composizione negoziata che non è confluita in soluzioni di fatto praticabili, può presentare istanza di Concordato Semplificato.
La norma in esame non si limita a richiedere il previo esperimento della composizione negoziale, poiché precisa che l’esperto incaricato deve dichiarare “…che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) non sono praticabili…”.
È dunque in questa fase preliminare che interviene il vaglio del Tribunale, il quale deve valutare la ritualità della proposta, acquisire la relazione finale dell’esperto e il parere di quest’ultimo e solo dopo aver verificato che l’iter della composizione negoziata non si sia concluso con una relazione negativa, può dichiarare aperto il concordato semplificato, nominare l’ausiliario e ordinare la comunicazione ai creditori, fissando altresì la udienza per l’omologazione.
Il primo comma dell’articolo citato, inoltre, richiede che la proposta di concordato per cessione dei beni sia accompagnata da un piano di liquidazione.
Tanto premesso, considerando che il CCII è di fatto entrato in vigore solo il 15 luglio 2022, poche sono state le occasioni per la giurisprudenza di affrontare questa nuova tipologia di concordato, cosicché i provvedimenti di maggiore interesse sono stati proprio quelli relativi al vaglio di ritualità.
In particolare, sono state commentate due pronunce di merito da parte del Tribunale di Firenze (Tribunale di Firenze, 31 agosto 2022, Pres. Est. Legnaioli, in www.ilcaso.it.) e dal Tribunale di Bergamo (Tribunale Bergamo, 23 settembre 2022, Pres. Est. De Simone, in www.dirittodellacrisi.it), che hanno provato a fissare i presupposti per accedere al concordato semplificato (per ulteriori approfondimenti è interessante il contributo dello studio La Scala Società tra Avvocati pubblicato il 17 ottobre u.s su www.dirittobancario.it).
Sul punto relativo alla conduzione delle trattative secondo buona fede e correttezza, il Tribunale di Firenze, pur sottolineando che la relazione dell’esperto allegata con il ricorso per l’omologazione non contenesse alcuna dichiarazione relativamente allo “svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede” ha ritenuto superato tale mancanza (che di per sé dovrebbe determinare l’impossibilità di accedere al concordato semplificato) con il successivo parere dell’esperto previsto all’art. 25-sexies, comma 3, CCII.
Anche il Tribunale di Bergamo ha richiesto come presupposto inderogabile “…che le trattative avviate in seno alla composizione negoziata si siano svolte con correttezza e buona fede.”
I Giudici, dunque, hanno ritenuto tale requisito imprescindibile perché i creditori non potrebbero più esprimere alcun dissenso se non nelle forme, più gravose, dell’opposizione all’omologazione e ciò appare corretto, anche in considerazione del fatto che i creditori non hanno diritto di voto sulla proposta di concordato semplificato.
Infatti, è stata richiesta una effettiva e completa interlocuzione con tutti i creditori interessati dal piano di risanamento, ma anche e soprattutto la necessità di sottoporre loro una specifica comparazione tra il soddisfacimento proposto e quello che avrebbero potuto ottenere dalla liquidazione giudiziale e, secondo il dettato della norma anche una o più proposte con le forme previste dall’art. 23, commi 1 e 2, lett. b).
A ben vedere, questa interpretazione può risultare giustificata dalla ratio dell’istituto considerata l’ultima risorsa a disposizione dell’imprenditore in crisi nel momento in cui tutte le altre si dimostrino impraticabili.
Ma è anche vero che quest’ultimo punto relativo alle concrete proposte rappresenta un paletto notevole e difficilmente sormontabile, tenuto anche conto dei tempi entro cui il tutto deve svolgersi (sei mesi prorogabili una sola volta).
I dati aggiornati ai primi 2 mesi dall’entrata in vigore della normativa, ci dicono che il 23% delle istanze di composizione negoziate presentate sono state chiuse per assenza di prospettive di risanamento.
Dato che l’insuccesso della composizione negoziata della crisi rappresenta il primo presupposto per accedere al concordato semplificato, come prevede la legge e come sottolineato dalle pronunce oggi commentate, non ci resta che attendere ulteriori pronunce giurisprudenziali per dissipare ogni dubbio interpretativo, soprattutto in relazione alle proposte da sottoporre ai creditori ex art. 23, commi 1 e 2, lett. b).
Avv. Cinzia Giarrizzo
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