N. 12/2022
Con l’introduzione definitiva del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, D. Lgs. 12 gennaio 2019 n.14, si realizza una innovazione dell’art. 2086 cc, in quanto viene introdotto il secondo comma che testualmente recita: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”
Tale modifica è finalizzata, in pratica, a gestire e ad armonizzare il nuovo istituto dell’allerta, che a sua volta ha l’obiettivo di rilevare ed affrontare tempestivamente[1], ovvero precocemente, situazioni di tensione economico/finanziaria che possano pregiudicare la continuità dell’attività di impresa e assorbire negativamente il valore reddituale e patrimoniale che la stessa è in grado di generare.
Il nuovo art. 3 CCI prevede che l’imprenditore deve adottare, obbligatoriamente, misure idonee (nel caso di imprenditore individuale) o un assetto organizzativo adeguato (in caso di imprenditore collettivo) al fine di prevenire lo stato di crisi e porre in essere le più opportune iniziative.
Ma quali sono gli strumenti di allerta previsti dal Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza?
Ai sensi dell’art. 13 del CCI costituiscono “indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività…sono indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi”.
La problematica è di non poco conto, se si tiene in considerazione che le imprese che subiscono più incisivamente gli effetti negativi della crisi, rientrano in un segmento bancario c.d. “Small Ticket” e soffrono maggiormente delle asimmetrie informative (perché spesso non preparate a gestire l’evento crisi) che si creano con gli istituti di credito nella fase di rinegoziazione e di ristrutturazione del debito.
La predisposizione di una reportistica adeguata per le imprese di piccole dimensioni, pertanto, è uno dei principali ostacoli che alimenta il deterioramento del credito già nella fase di incubazione della crisi. La mancanza di un business plan o di un sintetico prospetto dei flussi di cassa derivanti dalla gestione caratteristica, pregiudica, inevitabilmente, ogni scenario di risanamento.
A ciò si aggiunga che con l’avvento della pandemia molte imprese sono ferme all’ultimo bilancio in CCIAA depositato nell’anno 2019.
La base documentale dovrebbe essere costituita da ogni informazione considerata rilevante ai fini dell’inquadramento dell’impresa in un contesto economico/finanziario di riferimento. Saranno pertanto necessari nella fase di ristrutturazione di un affidamento o di un finanziamento a medio lungo termine: i) i bilanci o le dichiarazioni dei redditi relativi agli ultimi 3 esercizi; ii) una situazione economico/patrimoniale aggiornata a non oltre 60gg; iii) una relazione sull’attività esercitata con la corretta individuazione delle cause della crisi; iv) un piano finanziario per i successivi 6 mesi; v) gli estratti di ruolo dell’Agenzia delle della riscossione e le centrali rischi interbancaria analitica.
Ogni impresa che intende operare in continuità deve pertanto rappresentare e documentare il suo stato di salute partendo da due condizioni essenziali e imprescindibili: la disponibilità del dato contabile e l’adeguata organizzazione aziendale.
Tali concetti sono alla base dell’impostazione del nuovo Codice della crisi ma stanno mettendo in difficoltà gran parte delle micro imprese italiane e dei loro consulenti, anche per il fatto che non sonno previsti esoneri dimensionali.
E’ pertanto auspicabile sia per le imprese individuali che per le imprese collettive (queste ultime molto più agevolate dalla presenza di un ufficio contabile interno), l’introduzione di sistemi di tracciabilità delle informazioni e di rilevamento dei dati, con conseguente possibilità di poter elaborare gli stessi in funzione della finalità per cui devono essere utilizzati. L’imprenditore individuale potrà, ad esempio, optare (anche non ricorrendone i requisiti) per un sistema di contabilità ordinaria e contestualmente affidare ad un consulente esterno il compito di verificare l’apprestamento ed il monitoraggio di misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi, adeguando il tutto alla natura e alla dimensione dell’impresa. L’imprenditore collettivo, dal canto suo, organizzato principalmente nella forma di società di capitali, potrà invece ricorrere all’adozione di specifici modelli di governance aziendale (si pensi ad esempio al rating ESG[2] – Environmental, Social, Governance) correlati all’adozione di modelli di gestione standardizzati (come ad esempio Iso 9001, Iso 30001 e i modelli 231/2001).
In conclusione, la modellizzazione dell’attività di impresa e la relativa capacità di generare dati attendibili e verificabili, rappresentano un elemento cruciale nel processo di gestione proattiva del credito UTP, orientato dalla logica della ristrutturazione e della riorganizzazione aziendale.
Dott. Raffaele De Luca
(riproduzione riservata)
[1] L’iniziativa del debitore volta a prevenire l’aggravarsi della crisi non è tempestiva se egli propone una domanda di accesso ad una delle procedure regolate dal presente codice oltre il termine di sei mesi;
[2] Indice che permette (anche) agli investitori di avere una maggiore e più profonda comprensione della sostenibilità di una impresa.