Composizione negoziata della crisi d’impresa e gestione di quest’ultima durante le trattative di risanamento
di Avv. Andrea Giovannoni

N. 10/2022

A seguito della nomina e dell’accettazione dell’incarico, l’esperto negoziatore – qualora ravvisi concrete possibilità di risanamento dell’impresa – incontra i creditori e le parti interessate al percorso di risanamento e prospetta le possibili strategie d’intervento individuate dall’imprenditore, fissando i successivi incontri con cadenza ravvicinata.

L’esperto funge infatti da raccordo tra l’imprenditore, i creditori ed il Tribunale, ed è chiamato a valutare, in ogni momento, le concrete possibilità di risanamento ed il compimento degli atti da parte dell’imprenditore senza pregiudicare i creditori e l’integrità patrimoniale dell’impresa.

L’articolo 9 del D.L. 118/2021 pone l’accento: sull’interesse da privilegiare, sui rapporti tra imprenditore ed esperto e sugli specifici effetti che tale interazione può determinare, escludendo qualsivoglia forma di spossessamento e/o delegittimazione dell’amministratore la cui autonomia gestoria – ordinaria e straordinaria -rimane integra senza alcun pregiudizio alla validità ed efficacia degli atti posti in essere.

L’imprenditore, infatti, può concedere garanzie ed eseguire i pagamenti che ritiene più opportuni, salvo, ricorrendone le circostanze, gli obblighi d’informazione nei confronti dell’esperto.

L’aspetto fondamentale è lo specifico interesse che deve essere perseguito dall’imprenditore durante la gestione, ovvero il criterio al quale questa deve conformarsi a seconda della condizione in cui versi l’impresa.

Nello “stato di crisi”, la norma prevede che la gestione debba essere preordinata alla salvaguardia della sostenibilità economico-finanziaria dell’attività.

In base all’interpretazione fornita dal legislatore, tale condizione si verificherà con la previsione di un positivo margine operativo lordo al netto delle componenti straordinarie, ovvero di un negativo margine operativo lordo compensato da vantaggi per i creditori, derivanti (secondo una valutazione prognostica) dalla continuità aziendale.

Diversamente, qualora nel corso delle trattative l’imprenditore risulti “insolvente” ma sussistano concrete prospettive di risanamento, la gestione dovrà allora essere di tipo conservativo e finalizzata alla salvaguardia degli interessi dei creditori, alla stregua di quella che di norma si richiede agli amministratori dal momento in cui si verifica una causa di scioglimento societario e fino al momento dell’inizio della liquidazione.

Il potere di gestione dell’imprenditore non subisce limitazioni se non quelle che egli stesso intenda accettare per favorire lo sviluppo delle trattative e assicurarsi la conservazione dei vantaggi derivanti dal ricorso all’istituto della composizione negoziata, osservando la prevista procedura, che impone al medesimo specifiche comunicazioni ed all’esperto l’obbligo di formalizzare il proprio dissenso in caso di rischi per i creditori facendone, se del caso, segnalazione al Tribunale, nell’ipotesi in cui siano state concesse le misure protettive.

In ogni caso, a pena di revocabilità giudiziale, l’imprenditore dovrà dimostrare la finalità dei pagamenti e delle garanzie posti in essere in pendenza delle trattative rispetto all’obiettivo del risanamento aziendale, fatto salvo il consenso dell’esperto per quelli posti in essere in adempimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.

Tali previsioni hanno certamente lo scopo di arginare il rischio di abusi dell’istituto ma, al contempo, impongono all’imprenditore ed all’esperto, il dovere di prestare una particolare attenzione in considerazione dei rilevanti effetti che il compimento di determinati atti può sortire nella sfera giuridica dell’impresa e di ogni parte interessata.

Avv. Andrea Giovannoni

(riproduzione riservata)

Pubblicato il

27 / 06 / 2022

Interessante? Leggi altri articoli