Determinazione della base imponibile IVA sulle cessioni dei crediti deteriorati: quid iuris?
di Dott. Raffaele De Luca

N. 9/2022

Con la risoluzione n. 79 di dicembre 2021, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito le modalità di determinazione della base imponibile IVA della cessione avente ad oggetto crediti deteriorati, NPLs o UTP.

In via di principio, la determinazione della base imponibile per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti.

Pertanto, la base imponibile sulla quale calcolare l’IVA è costituita da tutto ciò che rappresenta il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, secondo le condizioni previste contrattualmente.

Con la richiamata circolare 79/2021 l’Agenzia delle Entrate precisa che le cessioni di crediti deteriorati rientrano nel campo di applicazione dell’IVA come prestazioni di servizi avente natura finanziaria, se sono effettuate dietro pagamento di corrispettivo, ai sensi dell’art. 3, secondo comma, n. 3) del Dpr, n. 633/1972.

La base imponibile per una cessione di crediti, quindi, che si qualifichi – come detto – come prestazione di servizi avente natura finanziaria effettuata dal cessionario, è pari alla differenza tra il prezzo di cessione dei crediti e il valore nominale dei crediti stessi. Tale differenza costituisce il corrispettivo a vantaggio dell’acquirente del credito e rappresenta la base imponibile sulla quale calcolare l’IVA.

Detto criterio è la risultante dei dettami della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 recepito dall’art. 13, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Ma come avviene la determinazione della base imponibile per la cessione di un credito deteriorato?

Nella determinazione della base imponibile per la cessione dei crediti deteriorati si deve considerare che gli stessi rappresentano per il cedente, una attività incerta sia in termini di rispetto della scadenza sia per l’ammontare dell’esposizione di capitale, e solitamente vengono ceduti ad un prezzo inferiore al valore nominale proprio al fine di tenere in considerazione il livello di deterioramento del credito e la circostanza che, per effetto della cessione, normalmente l’acquirente assume il rischio di default dei debitori (ceduti).

Proprio per tale ragione l’Agenzia delle Entrate arriva alla conclusione che per la determinazione della base imponibile IVA della cessione riguardante crediti deteriorati occorre far riferimento alla differenza tra il “valore economico” dei crediti al momento della cessione e il prezzo pagato al cedente per l’acquisto di questi ultimi.

Tale “valore economico” è il frutto di un’attività complessa “Due Diligence” che ha come obiettivo quello di  valutare un singolo credito o un pacchetto di crediti. Normalmente chi acquista un credito deteriorato, lo fa all’esito di analisi dettagliate e documentate circa l’effettivo valore dei crediti da acquistare; valore che si concretizza nella stima dei flussi di incasso attesi dalla gestione del portafoglio, tenendo conto dello stato di deterioramento dei crediti da acquistare.

L’Agenzia delle Entrate, in pratica, intende assoggettare ad IVA il reale ed effettivo vantaggio economico a favore del cessionario derivante, in termini di corrispettivo, dall’acquisto dei crediti deteriorati. Chi investe in crediti deteriorati, secondo quanto richiamato dall’Agenzia, ha l’obiettivo di generare un ricavo dato dalla differenza fra il prezzo corrisposto per l’acquisto di tale portafoglio (a valori notevolmente inferiori al valore nominale di tali crediti) e quanto ricavato in sede di procedura di recupero dei medesimi crediti, al netto dei costi di recupero e di struttura necessari per realizzare l’investimento. In altri termini, i soggetti che effettuano questo tipo di investimenti generano valore (e, quindi, rendimento) ottimizzando e massimizzando le attività volte al recupero dei crediti acquistati.

Dette valutazioni devono essere documentate e archiviate in documenti societari ufficiali al fine di poter essere riscontrate e verificate, in caso di necessità, dall’amministrazione finanziaria.

Tale “libertà” concessa dall’Agenzia delle Entrate, molto probabilmente, porterà gli operatori di settore ad allineare il più possibile la differenza tra il prezzo di cessione e il valore economico del portafoglio, con la conseguenza che una eventuale attività di controllo dell’amministrazione finanziaria potrà essere affrontata in modo efficace solo con la produzione di documentazione valutativa rilasciata da terzi soggetti, società specializzate e professionisti iscritti all’albo professionale dei Dottori Commercialisti e degli Avvocati, che attestino il valore economico del portafoglio oggetto di cessione.   

Dott. Raffaele De Luca

(riproduzione riservata)

Pubblicato il

13 / 06 / 2022

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