N. 7/2022
Come noto, la normativa volta ad inibire l’avvio di azioni esecutive o cautelari da parte dei singoli creditori, nonché a sospendere eventuali procedimenti già in corso, ha il preciso scopo di tutelare la loro garanzia patrimoniale, realizzando la par condicio creditorum degli stessi.
Le misure protettive a tal fine previste non costituiscono una caratteristica esclusiva delle sole procedure concorsuali, trovando applicazione anche nelle procedure negoziali avviate dal debitore, seppur non in maniera automatica. Ciò onde scoraggiare un uso distorto dello strumento, attivato al solo fine di paralizzare le iniziative dei creditori.
L’art. 182 bis, comma 3, L.F. (: accordo di ristrutturazione dei debiti) prevede il c.d. automatic stay, ossia, a decorrere dalla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese e per sessanta giorni, l’automatica inibizione ai creditori per titolo e causa anteriori all’accordo, a promuovere o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore.
La misura di protezione esplica i suoi effetti nei confronti dei creditori non partecipanti all’accordo, giacché per quelli partecipanti dovrebbe operare l’accordo medesimo, con le prescrizioni ivi contenute e tra le quali vi deve necessariamente essere la moratoria per le azioni esecutive e cautelari.
Dalla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese è altresì inibito ai creditori acquisire titoli di prelazione se non concordati.
Tuttavia, per salvaguardare il buon esito delle trattative ed offrire quindi la possibilità di superare la crisi, l’art. 182 bis, comma 6, L.F., consente all’imprenditore – anche durante le trattative e antecedentemente la formalizzazione dell’accordo – di chiedere al Tribunale l’anticipazione dell’applicazione delle misure di cui al comma 3, sin dalla pubblicazione della relativa istanza nel registro delle imprese.
Naturalmente, l’operatività di dette misure è subordinata alla completezza documentale ed alla dichiarazione dell’imprenditore della pendenza di trattative con quei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti per cui è causa.
In caso positivo, nel medesimo giorno in cui avviene tale pubblicazione (e quella dell’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto), a pena d’inefficacia delle misure di protezione, il debitore deve depositare ricorso in Tribunale per la conferma o la modifica delle stesse e richiedere, entro i successivi trenta giorni, anche la pubblicazione del numero di ruolo del procedimento instaurato.
In contraddittorio con i creditori, sentito l’esperto e verificata la sussistenza dei presupposti per tale anticipazione e la regolarità della documentazione prodotta, il Giudice incaricato provvederà con ordinanza a confermare, modificare o revocare le misure protettive in corso dal giorno della pubblicazione dell’istanza per la loro applicazione, determinandone la durata in un periodo compreso fra 30 e 120 giorni, successivamente prorogabile, ad istanza di parte, fino ad un massimo di 240 giorni complessivi.
Ciò posto, al fine di eventualmente riequilibrare gli effetti delle misure protettive, qualsiasi creditore (o l’esperto) può chiedere in ogni momento al Tribunale la revoca delle stesse o richiederne la compressione dell’operatività temporale valutandone l’ eccessivo pregiudizio arrecato alle proprie ragioni creditorie.
La ratio legis della disciplina in parola consente all’imprenditore/debitore, nell’ambito di un utilizzo intellettualmente onesto dello strumento, di beneficiare delle misure protettive del proprio patrimonio consentendo allo stesso di regolare la crisi della propria attività ed approdare auspicabilmente al back to bonis.
Da ultimo, gli operatori “sul campo” non possono tuttavia omettere di evidenziare come il rimedio in discorso pare venga spesso applicato con senso di abuso del diritto e quindi non già per risolvere seriamente la crisi in parola, ma al solo fine di trarre vantaggio dai benefici sopra visti. Ciò in spregio delle più elementari regole di buona fede e della par condicio dei creditori, elementi sui quali occorrerà che i Magistrati prestino più particolare e attento presidio.
Avv. Andrea Giovannoni
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